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L'incredibile, puzzolente Gigiat

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Ada Cattaneo, ci racconta oggi la leggenda dell'incredibile, puzzolente Gigiat.

L'INCREDIBILE, PUZZOLENTE GIGIAT

Dal tempo dei tempi, sulle incantate montagne lombarde si aggira il una misteriosa creatura che pochi fortunati hanno avuto il privilegio di vedere: il Gigiat.
La tradizione lo vuole uno strano incrocio tra un caprone ed un camoscio (o stambecco), dal pelo lunghissimo ed arruffato che emana un insopportabile puzzo di caprone selvatico. Ha una testa di dimensioni sproporzionate rispetto al corpo, con un naso schiacciato e lunghe corna; le zampe anteriori sono fornite di unghioni, le posteriori di zoccoli prensili, il pelo lungo. Le sue dimensioni sono gigantesche, tanto che riesce ad attraversare un’intera valle con pochi balzi.
È un animale agilissimo: in alta montagna si muove con una destrezza ed una sicurezza senza eguali, salta da una cengia all’altra, volteggia sui ghiacciai, corre verso i precipizi e si ferma bruscamente proprio sul ciglio, sembra farsi beffe delle leggi della gravità e dell’equilibrio.
Unisce alla destrezza un’incredibile resistenza: non è mai stanco, non è mai fermo.
Secondo alcuni il suo habitat estivo è rigorosamente circoscritto alle valli Porcellizzo, del Ferro, Qualido e di Zocca. Ma, come sempre accade per le creature leggendarie, la questione è controversa, perché altri estendono il suo territorio anche a sud-ovest, ossia sino alla valle dell’Oro, della Merdarola e di Spluga, e ad est, nelle valli Torrone, Cameraccio e di Preda Rossa, affermando che i Corni Bruciati rappresentano il limite orientale del suo territorio.
Invece, è abbastanza certo che d’inverno il Gigiàt tende a scendere sul fondovalle, anche se, per la sua grande rapidità, non viene mai avvistato, se non quando è esso stesso a volerlo.
La natura del Gigiàt è profondamente buona malgrado alcuni gli attribuiscano pure la terrificante consuetudine di integrare la sua dieta, fondamentalmente vegetariana, con qualche pasto a base di escursionisti o alpinisti solitari, sorpresi ad addentrarsi nei suoi remoti territori. Forse perché il nome che gli hanno dato (come tutti i nomi in "-àt" suona, infatti, spregiativo) l'ha molto offeso e ancora l'offende.
Ma la vera ragione di questa sua ambivalenza è spiegata da un murales che si trova a San Martino. Vicino alla rappresentazione fantastica dell’animale, si legge: “El Gigiàt, nume tutelare de esta splendida valle. Buono con lo homo che natura rispetta, mala sorte a chi lo trovasse non rispettoso. Onori et gloria a chi el vedesse e notizia ne desse…”
Dunque, è sì un animale fantastico, ma non bestia, anzi, è quasi l’espressione di un’arcaica saggezza e giustizia, che non fa male al buono, ma punisce il malvagio. 

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